Leggenda e realtà della Mala Grotta

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I TEMPI DELLA DISCARICA, LA SUA CHIUSURA, IL DOPO

di Francesco Mauro

La storia della discarica di Malagrotta, la più grande discarica di rifiuti di Europa, viene ricapitolata con particolare attenzione alla fase terminale in cui, essendosi esaurito lo spazio, la discarica dovrebbe essere chiusa. Viene anche descritto il mancato accordo fra i vari attori che impedisce di trovare una soluzione, portando Roma in direzione di una emergenza dei rifiuti. La questione viene inquadrata sulla base delle tecnologie disponibili e delle caratteristiche del ciclo dei rifiuti, compresi alcuni aspetti economici, di Roma e del Lazio.

Racconta una legenda dell’Alto Medio Evo che nella Mala Grotta si fosse rifugiato un “immanentissime draco”, anzi un’intera famiglia di draghi, come indicano i toponimi di Dragona e Dragoncello, scacciati da Roma dall’arcangelo Michele in persona (quello di Castel Sant’Angelo). Per scacciare il drago anche dalla grotta, dato che il suo fiato sulfureo e puzzolente dava fastidio ai villici della vicina tenuta dei Massimo (Massimina), si mosse un’intera schiera di baroni, guidati dagli Anguillara. Il drago venne infine ucciso da uno degli Anguillara, con l’aiuto dei Massimo (di Massimina), dei Mattei (di Casetta Mattei), dei Normanni (di Maccarese), di Guido di Spoleto (di Castel di Guido) e – si sussura – con la partecipazione di San Giorgio – e infatti a questo santo è dedicato il Castello di Maccarese. Ma il fetore rimase ed anzi si estese nel territorio degli Anguillara, da Mala Grotta alla Caldara vicino Bracciano, al cratere di Baccano …

Della discarica di Malagrotta è certo l’inizio: il 1985. Ma la zona era già sede di altri impianti sgradevoli: c’erano storicamente delle cave e ci si era spostata alla fine degli anni ’60, quando era stata bonificata la zona di Viale Marconi e dietro la Stazione Trastevere in vista delle Olimpiadi, la grande raffineria. Allora non c’erano case, tranne la Città dei Ragazzi.

L’inizio quindi è certo. La chiusura, tra una proroga e l’altra, molto meno. Il nuovo sito, temporaneo o no, lo è quasi per niente. Ci si chiede se e quando divenga possibile utilizzare tali termini in modo appropriato in relazione alla realizzazione di una nuova discarica.

Dovrebbe essere lecito supporre che interventi e soluzioni provvisorie siano da un lato “emergenziali” e, dall’altro, limitate nel tempo, nonché – laddove contestate dalla popolazione interessata - “credibili”, nel senso che il contesto permetta di riguardarle effettivamente come provvisorie. Nel caso di una discarica poi, la temporaneità è di per sé un concetto non del tutto corretto dato che, una volta esaurito il proprio compito, una discarica rimane tale per un tempo lunghissimo, dell’ordine delle centinaia di anni, anche se dopo 30-50 anni le emissioni di biogas e la produzione di percolato possano divenire trascurabili.

Nel caso di Malagrotta non ricorrono né la condizione di emergenzialità né quella di credibilità. Infatti, la chiusura di questa discarica è all’ordine del giorno da anni e regolarmente procastinata. Il consenso per una soluzione ”definitiva” è poi così difficile da ottenere da rendere ogni soluzione “provvisoria” di durata difficile da trattenere.

Comunque, pare che ormai Malagrotta debba veramente chiudere – l’ultima proroga è al giugno del 2012 o, scadenza finale dopo l’ultima, la fine del corrente anno - a meno che non si voglia cominciare a costruire una grande montagna artificiale (ed incappare nelle ire europee). Il piano dei rifiuti della Regione Lazio, con la sua lista di 7 siti, sembra in un vicolo cieco. Tutti e 7 i siti, infatti, sono stati bocciati per una ragione o per l’altra dal ministro dell’Ambiente (ultimi Riano e Corcolle), e la Provincia, chiamata in causa, non ha prodotto un ottavo sito. L’estensione di Malagrotta nell’adiacente sito di Testa di Cane è stato bloccato dalla magistratura. L’unica novità sembra essere la modifica da parte della Regione Lazio degli ATO (ambiti territoriali ottimali in cui è organizzato il servizio di raccolta e gestione dei rifiuti) che non corrispondono più ai confini provinciali, ma attribuiscono Paliano e Anagni a Roma ed Anzio e Nettuno a Latina, lasciando intravedere qualche altra possibilità di localizzazione.

Ancor più recentemente, è stata anche rifiutata la proposta del Ministro dell’ambiente di predisporre una discarica temporanea, che accolga il flusso di Malagrotta, a Monte Carnevale, nella Valle del Galeria, non molto lontano dalla stessa Malagrotta e dal sito già preso in considerazione in passato al Monte dell’Ortaccio. Le ragioni del rifiuto risiedono nel parere negativo del Ministero della difesa a causa della prossimità del Centro Intelligence Interforze, ma anche nella mancata disponibilità del sindaco e del governatore del Lazio ad accettare una discarica nelle zone vicino a Malagrotta, anzi nell’intero quadrante. D’altro canto, la discarica di Malagrotta va – andrebbe – definitivamente chiusa entro il 30 giugno. La polemica intanto continua, con 5 partecipanti (sindaco, presidente della provincia, governatrice della regione, il prefetto di Roma in quanto commissario nominato dal governo, ministro dell’ambiente), con strascichi su Twitter e persino, a quel che sembra, uno scontro in campo aperto tra ministro e prefetto. Mentre siamo a questo stadio di indeterminatezza, AMA e Alitalia dicono di voler progettare l’uso di un reattore al plasma per bruciare i rifiuti producendo “biocarburante per aerei”.

Di recente, il Ministro dell’ambiente, di fronte all’incapacità delle autorità locali di individuare un sito che comporti una scelta reale, aveva lanciato la proposta di un accordo di programma per portare al 50% la raccolta differenziata. Il significato di una tale proposta non è chiaro: non può riferirsi ad una strategia di medio periodo, dato che l’attuale normativa in materia prevede l’obbligo del 65%, obiettivo che non a caso è già alla base del  nuovo Piano di Gestione Rifiuti della Regione Lazio; né può ragionevolmente riferirsi al breve periodo, in quanto una raccolta differenziata al 50% non si raggiunge (e stabilizza) in qualche mese, senza contare che anche così, tra scarti delle operazioni di recupero e impianti di compostaggio e valorizzazione energetica ancora insufficienti, buona parte di quanto raccolto dovrebbe ancora finire in discarica.

Dice il ministro: Salerno e Milano l’hanno fatto, perché non Roma? Anche qui - pur comprendendo la logica del messaggio – bisogna fare qualche osservazione. Anzitutto, sono le province di Salerno e Milano ad avere percentuali di raccolta differenziata dell’ordine del 50% (precisamente del 47,7% e 47,5%; rapporto ISPRA 2011, dati relativi al 2009) e non i relativi comuni, rispetto ai quali i valori sono assolutamente diversi. Salerno, infatti, può vantare il 74% di raccolta differenziata, mentre Milano un ben più modesto 34,2%, congruente con la sua natura di grande città nonché con i valori che caratterizzano i comuni con più di 150.000 abitanti. Peraltro, in tale contesto, il valore che caratterizza Roma (20,2%) – anche a fronte delle notevoli diversità urbanistico-territoriali - assume una valenza assai meno drammatica; se mai andrebbe approfondita la questione di quanto del raccolto è poi effettivamente oggetto di recupero o riciclaggio.

E’ del tutto ragionevole affermare che anche una città “difficile” come Roma possa e debba nel breve periodo raggiungere almeno il 30-35% di raccolta differenziata. Rimarrebbe comunque un 65% da mandare in discarica o all’incenerimento (con produzione di energia). Non parliamo di “discarica zero”: alcuni paesi dichiarano tale condizione, ma hanno tutti un’alta percentuale di incenerimento, e non calcolano di norma né le scorie né gli altri residui dei trattamenti, che vanno anch’essi in buona parte in discarica.

E’ opportuno ricordare le caratteristiche della produzione dei rifiuti solidi urbani a Roma:

  • La produzione totale di rifiuti è negli ultimi anni stabile (intorno a 1,8 milioni di tonnellate annue), se non in lieve calo, per effetto della crisi economica.
  • La percentuale di raccolta differenziata è cresciuta molto lentamente negli ultimi anni, fra l’1 ed il 2,7% all’anno, con un andamento ben diverso dalle ipotesi programmatiche.
  • Anche le quantità di rifiuto trattate tendono più a diminuire che ad aumentare e risultano, in assoluto, modeste rispetto al prevalente smaltimento in discarica.
  • I costi di smaltimento rimangono quindi praticamente costanti.
  • Ma il costo del servizio cresce (il gettito ha superato nel 2009 i 600 milioni di Euro), anche in media del 10% all’anno, in modo per niente giustificabile sulla base dei risultati ottenuti.

E’ da ricordare che la Tariffa Rifiuti è formalmente un tributo in quanto “prestazione patrimoniale imposta” e non la tariffa di un servizio “di mercato”. Nonostante ciò, il debito del Comune di Roma nei confronti del Consorzio Laziale Rifiuti (presieduto dall’Avv. Cerroni e proprietario della discarica di Malagrotta) era nel 2010 ancora di 120 milioni di Euro (l’incasso annuo è intorno a 44 milioni di Euro), e di altri 80 milioni di Euro è il debito di altri enti locali della Regione. Peraltro, l’avv. Cerroni candida il Consorzio a risolvere il problema della raccolta differenziata, ma chiede, ai sensi della legge n. 27 del 2012 sulla liberalizzazione dei servizi, l’autorizzazione, sulla base di una rosa di tre siti, a realizzare una “discarica (che) è nostro diritto imprenditoriale … alla luce delle disposizioni nazionali e comunitarie …”.

Questo quadro ci porta a considerare, nel caso di Roma, la questione chiave degli inceneritori o dei termovalorizzatori che dir si voglia. Anche qui, la situazione del Lazio non è del tutto chiara: gli inceneritori esistenti sono in teoria 4: Malagrotta (nuovo ma molto contestato), Colleferro (A e B, revisionato e rimesso in funzione), San Vittore nel Lazio (in provincia di Frosinone), e quello in completamento di Albano (su cui pende una sentenza del TAR). Ci sono richieste poi per uno dalla Provincia di Viterbo, uno dalla Provincia di Latina, ed uno dal Comune di Roma. Le localizzazioni sono tutte in discussione: quello di Roma, legato ovviamente al problema di Malagrotta, potrebbe essere messo al di fuori del territorio comunale o addirittura del territorio provinciale; o almeno così chiede il Comune di Roma.

La necessità di risolvere il problema della discarica come dell’incenerimento, non cancella ovviamente il fatto che sia opportuno dare un serio impulso alla crescita della raccolta differenziata.

Discuteremo meglio lo schema del ciclo dei rifiuti e le caratteristiche delle varie tecnologie in un prossimo contributo. Ma è già chiaro che il problema delle localizzazioni deve essere affrontato e risolto: sul serio e non come racconta una leggenda medievale.