Cassandra siamo noi

on .

Emergenza rifiuti in Campania

Roma, 18 gennaio 2008 - Qualcuno ci chiede come mai gli Amici della Terra non abbiano emesso comunicati sull’ennesima, drammatica, emergenza rifiuti in Campania che ha occupato tutti i giornali per un mese.

Non abbiamo detto niente perché avevamo già detto tutto con largo anticipo, inascoltati, spesso osteggiati. Ora che i fatti dicono che avevamo ragione noi, molti dei nostri detrattori arrivano ad assumere posizioni più razionali, ma con 15 anni di ritardo, a frittata fatta.

Non ci sentiamo bene nella parte di Cassandra, tuttavia, per documentazione, oltre al compendioso rapporto Dietro i roghi di Napoli, di Mario Signorino, ripubblichiamo di seguito i nostri interventi scritti, specifici sull’emergenza campana, tralasciando le posizioni generali, gli studi e, ovviamente, gli interventi orali in pubblici dibattiti, congressi, audizioni alle Camere, manifestazioni, ecc..

Intervento di Rosa Filippini, Presidente degli Amici della Terra, alla tavola rotonda su
“La comunicazione ambientale e la gestione dei rifiuti”
Napoli, 11 luglio 2002 - organizzata da Gazzetta Ambiente
Resoconto pubblicato da Gazzetta Ambiente

… Non è pensabile una gestione adeguata dei rifiuti senza consenso né è possibile ottenere il consenso senza un'informazione corretta ed esaustiva.

Purtroppo, su questo argomento, le principali fonti d'informazione, televisioni e giornali, tendono a concentrare la propria attenzione sulla cronaca delle emergenze e delle proteste locali piuttosto che al dibattito sulle soluzioni. I dati diffusi in queste occasioni sono spesso parziali e contraddittori. Le loro fonti non sono verificate da un punto di vista scientifico, non viene sollecitato il confronto fra le diverse tesi esposte e, per il cittadino, diventa difficile giudicare la loro fondatezza. Tutto ciò contribuisce a creare un atteggiamento di incertezza e di diffidenza, a radicare numerosi luoghi comuni e a diffondere convinzioni infondate. Vale la pena elencare alcune delle questioni su cui occorrerebbe una maggiore chiarezza.

Si tende a ritenere che le diverse forme di trattamento dei rifiuti siano fra di esse alternative e che ognuna di esse possa da sola risolvere il problema. Ad esempio, si ritiene che si possa scegliere fra la raccolta differenziata e il termovalorizzatore. In realtà la raccolta differenziata non è che la fase iniziale di un sistema di operazioni per il recupero e il riciclo di materiali dai rifiuti. L'insieme di queste operazioni è indispensabile per ridurre le quantità di rifiuti da smaltire ma non può arrivare ad eliminarli. Anzi le due modalità di trattamento sono fra loro complementari, servono ambedue al recupero (la prima di materiali, la seconda di energia) ed è difficile che si affermi l'una in assenza dell'altra. Per una maggiore chiarezza su questo punto sarebbe molto utile diffondere i dati sulla gestione dei rifiuti nei paesi europei, presentati anche in questo convegno ma inediti a livello di informazione di massa. Da essi risulta evidente che i paesi più avanzati nella gestione ambientale, come Olanda, Danimarca, Svizzera e Svezia, quelli dove la raccolta differenziata è più diffusa e il recupero e riciclo di materia più spinto, sono gli stessi che hanno sviluppato una maggiore attività di termovalorizzazione.

Sono in molti coloro che danno più enfasi ai supposti rischi di un termovalorizzatore ancora da costruire che ai danni accertati delle migliaia di discariche esistenti, spesso autorizzate con procedure di emergenza e prive delle condizioni minime per la sicurezza e per la protezione delle falde e del suolo. Fra questi purtroppo, per ignoranza o per superficialità, vi sono molti ecologisti.
Anche i giornali, a meno che non scoppino specifiche rivolte, tendono a dimenticarsi dei disagi quotidiani subiti dalle popolazioni e dei danni inferti a tutto l'ecosistema a causa delle discariche che ancora oggi smaltiscono il 75% circa dell'intera quantità di rifiuti urbani prodotti in Italia. Oltre all'inquinamento del suolo e delle falde, le discariche che non sono specificamente attrezzate, producono notevoli quantità di biogas, una miscela di metano e anidride carbonica molto dannosa per l'atmosfera globale (incrementa l'effetto serra). Le discariche attive in Italia sono 721; a queste si aggiungono le discariche per rifiuti speciali e soprattutto, in numero indeterminato, le discariche abusive. E' questa la vera emergenza nazionale, particolarmente acuta nel Mezzogiorno, che occorrerebbe prefiggersi di superare.

E' comprensibile che molti cittadini preferiscano allontanare le zone industriali dai propri centri abitati. E' invece scorretto diffondere allarmismi sui termovalorizzatori (soprattutto quelli di recente tecnologia) localizzati nelle zone industriali. Accade sempre più spesso che impianti industriali di grande pericolosità inquinino nell'indifferenza generale e in assenza di controlli, mentre, nella stessa area, tutta le contestazioni sono concentrate sul termovalorizzatore. Anche in questo caso occorrerebbe che gli operatori dell'informazione non omettessero di ricordare che gli standard ambientali richiesti dalla legge per i termovalorizzatori sono assai più severi di quelli prescritti per qualsiasi altro impianto produttivo, compresi quelli chimici, siderurgici e termoelettrici. Di conseguenza, la loro gestione è più controllata e il rischio di impatti ambientali rilevanti molto ridotto. Occorrerebbe anche diffondere le esperienze positive in proposito. Ad esempio, senza uscire dai confini nazionali, a Brescia da molti anni funziona in modo esemplare una centrale elettrica alimentata a rifiuti e a carbone. Il calore residuo di quell'impianto, situato in città, alimenta una rete di teleriscaldamento che consente ai bresciani di evitare l'uso di migliaia di caldaiette private, un fenomeno che, nelle altre città, costituisce una delle cause più rilevanti di inquinamento atmosferico.

Infine, non viene mai evidenziato il danno causato dal rinvio delle decisioni e dalla mancata assunzione di responsabilità della Regione. Ad esempio, qualche giorno fa, l'On. Pecoraro Scanio ha nuovamente protestato contro il progetto di un termovalorizzatore ad Acerra, cioè l'impianto previsto dal Piano regionale dei rifiuti per consentire anche in Campania un recupero di energia e un sistema di smaltimento finale diverso dalle discariche. Nessuno si è occupato di cogliere in questa iniziativa una contraddizione veramente singolare per degli ambientalisti: se i Verdi sono veramente convinti che l'incenerimento dei rifiuti rappresenti un rischio inaccettabile per i cittadini di Acerra, come possono accettare di scaricarlo ai cittadini tedeschi nei cui impianti di termovalorizzazione finiscono i rifiuti esportati dalla Campania da quasi 2 anni? E se, invece, questi invii quotidiani di rifiuti oltre frontiera rappresentano, come io sostengo, una vera vergogna per l'immagine dell'Italia in Europa e un'insostenibile ipocrisia, perché nessun mezzo di informazione si è finora occupato di calcolarne il costo per i contribuenti campani (e italiani)?

 

EMERGENZA RIFIUTI: IL PARADOSSO DELLA CAMPANIA
Roma, 12 maggio 2003.
(comunicato stampa, non ripreso dai media)

La politica del "tanto peggio, tanto meglio" ha molti proseliti, provoca gravi danni e non viene contrastata anche quando rappresenta un incredibile paradosso.
Ad esempio, succede che ambientalisti e no global di diversi gruppi, anche associazioni importanti, indìcano una manifestazione nazionale contro gli inceneritori ad Acerra, in quella provincia di Napoli, cioè, dove da diversi giorni, a causa dei rifiuti lasciati sulle strade, si vive un'emergenza igienico sanitaria dagli effetti devastanti: scuole e uffici pubblici chiusi, mercati vietati, clima da coprifuoco. La manifestazione non si propone di risolvere il problema ma di continuare ad aggravarlo, opponendosi alle soluzioni previste e, altrove, adottate.

Com'è noto, questa emergenza è ricorrente, la Regione Campania è commissariata da oltre 10 anni e il Piano regionale dei rifiuti prevede le misure e gli impianti necessari fra cui quelli per produrre combustibile da rifiuti e quelli per bruciarlo recuperando energia. I primi sono stati realizzati e funzionano. I secondi no, a causa dell'opposizione degli "ambientalisti". Ma che senso ha produrre combustibile se poi non lo si vuole bruciare?  Il risultato è facilmente immaginabile: le discariche sono esaurite da tempo e ora sono esaurite anche le aree di stoccaggio del combustibile. La situazione è talmente grave che, da quasi due anni, il Governo ( sia il precedente che l'attuale) ha dovuto autorizzare il trasporto quotidiano di una parte dei rifiuti in Germania dove vengono inceneriti pagando un prezzo giustamente alto per il servizio e per il trasporto. Si noti che la legislazione vigente vieta l'esportazione dei rifiuti persino da provincia a provincia.

Gli ambientalisti che, in questa situazione, continuano a fomentare l'allarme delle popolazioni contro i progetti di incenerimento (cioè impianti di produzione di energia da rifiuti, con standard ambientali ben più severi e sottoposti a controlli maggiori di qualsiasi centrale elettrica) propongono di ridurre i rifiuti e di incrementare la raccolta differenziata. Il paradosso è che nella Germania governata dai Grunen (così come negli altri paesi europei avanzati e in alcune regioni italiane più evolute) si realizza il recupero di materiali attraverso la raccolta differenziata e il recupero di energia attraverso l'incenerimento. In Campania invece, si rifiuta il recupero di energia e, a causa degli ingenti costi imposti dall'emergenza che a sua volta è causata dal rifiuto delle popolazioni alla localizzazione degli impianti, non si recuperano nemmeno i materiali. Le discariche controllate e abusive inquinano i suoli e le acque, i rifiuti marciscono sulle strade e gli incendi dolosi avvelenano l'aria.
Che ambientalisti sono mai questi?
Rosa Filippini, Presidente degli Amici della Terra

 

EMERGENZA RIFIUTI IN CAMPANIA
24 marzo 2004
(Comunicato stampa, non ripreso dai media)

Ha ragione il sindaco di Montichiari. Non c'è alcuna ragione plausibile per cui il suo comune, i suoi concittadini debbano farsi carico dei problemi dei cittadini campani, problemi che la Campania, a differenza di ogni altra regione italiana, ha la pretesa di non risolvere sul proprio territorio.

Infatti, se ogni 15 giorni in Campania è emergenza rifiuti, il problema non è tecnico o amministrativo. E' un problema di senso civico, e in quanto tale, politico. Anche perché dopo 13 anni di commissariamento "straordinario", fra ministero, regione, comuni, province, sarebbe difficile ricostruire le responsabilità formali di questa situazione kafkiana.

Nella sostanza invece il problema è chiarissimo: in Campania in questi anni di continue emergenze, sono stati costruiti molti impianti di trattamento dei rifiuti. Ma dopo averli separati, trattati trasformati, i rifiuti non spariscono. Poi occorrerebbe incenerirli. Ma, sull'incenerimento, la classe politica non se la sente di affrontare il dissenso dei cittadini dei comuni dove gli impianti dovrebbero essere localizzati. Di qui, l'intasamento dei siti di stoccaggio provvisorio, e la necessità di bruciare altrove i rifiuti.

Certo, ci sarebbe molto da indagare sugli oscuri fomentatori di tante rivolte "spontanee". Ma, evocare la camorra non serve, visto che c'è chi sostiene esplicitamente questo dissenso, dai sindaci dei comuni interessati al vescovo, dagli ambientalisti ai rappresentanti di numerosi partiti.
Poiché le loro ragioni riguardano la salute e l'ambiente e allarmano i cittadini, occorrerebbe fare chiarezza pubblicamente, senza reticenze e senza ipocrisie, dando loro la parola in televisione, anche per sgomberare il campo dalle accuse di censura ai "difensori dell'ambiente".

Per rispondere, non servirebbero scienziati o super esperti, che sono facilmente sospettati di fare gli interessi delle imprese. Anzi non occorrerebbe rispondere. Basterebbe un bravo giornalista che li intervistasse e che li costringesse a spiegare perché solo in Campania gli impianti di termovalorizzazione (gli inceneritori, per capirci) sarebbero dannosi alla salute e all'ambiente e non a Brescia, a Ravenna, a Reggio Emilia o in Germania, dove in questi anni sono stati trasportate, e smaltite in sicurezza, migliaia di tonnellate di rifiuti campani.

Il vescovo di Acerra dovrebbe spiegare perché altrove la gestione dei rifiuti non è materia di fede e  Pecoraro Scanio o Bertinotti perché nelle città e nelle regioni dotate di inceneritori i loro partiti fanno parte delle maggioranze di governo ed esprimono assessori all'ambiente che amministrano normalmente anche questa parte del ciclo dei rifiuti.

Greenpeace e  WWF dovrebbero commentare le scelte dei paesi ambientalmente più evoluti come la Germania, la Svezia, la Danimarca, dove le raccolte differenziate funzionano bene, con la collaborazione di tutti, anche grazie al fatto che la quota residua di rifiuti non recuperabili (mai inferiore al 30% del totale) viene bruciata per ricavarne energia e calore. E se tentassero di impressionare con fantasiosi linguaggi "tecnici", basterebbe dare la parola al sindaco di Brescia che raccontasse con semplicità che, nella sua città, un impianto di incenerimento ben gestito produce energia bruciando rifiuti e contribuisce a limitare l'inquinamento perché oltre all'energia produce calore per gli usi domestici dei bresciani. Che tutto questo succede da anni senza scandali, senza proteste, senza rivolte, con soddisfazione generale.

Certo, un simile dibattito non basterebbe a risolvere d'incanto tutti i dissensi. Ma servirebbe a abbattere molti luoghi comuni che appaiono veri solo perchè nessuno si preoccupa di smentirli . E potrebbe bastare al sindaco di Montichiari per condurre una trattativa pubblica con Bassolino: la Campania può essere ancora una volta aiutata ma solo a patto che, fin da oggi, i suoi cittadini e i suoi sindaci, con o senza l'aiuto dei suoi vescovi e dei suoi partiti, comincino a provvedere a se stessi, a partire dai rifiuti.
Rosa Filippini – Presidente Amici della Terra

 

Lettera al Corriere della Sera del 4 dicembre 2004
(pubblicata)

Caro Mieli,
E' noto che in Campania le discariche per i rifiuti urbani sono esaurite, che le proteste popolari impediscono la costruzione di inceneritori e che, a causa di ciò, i rifiuti vengono spediti regolarmente in Germania per l'incenerimento. Non sono noti, invece i costi. Il Corriere Affari e Finanza di lunedì scorso ci informa che questi invii costano 110 euro a tonnellata (60 per il trasporto in Germania e 50 per l'impianto di incenerimento tedesco). Tuttavia, non si conosce l'ammontare complessivo della spesa. Pochi sanno, inoltre, che, trattandosi di "un'emergenza", questi 110 euro sono a carico, non della Regione Campania, ma dello Stato, cioè di tutti i cittadini italiani. Io sono certa che se questo dato fosse noto e divenisse oggetto di confronto politico, ciò contribuirebbe non poco a forzare la responsabilità di quelle amministrazioni e delle popolazioni coinvolte. Occorre anche aggiungere che, se lo Stato deve pagare, è più ragionevole che finanzi, invece che le imprese tedesche, la riqualificazione di una delle tante aree industriali disastrate della Campania dove la collocazione di un simile impianto potrebbe fornire energia e calore ad altre industrie, migliorando al tempo stesso la qualità ambientale della zona.
Rosa Filippini, Presidente degli Amici della Terra

 

Lettera aperta degli Amici della terra al Ministro Pecoraro Scanio, al Governatore Vendola, agli ambientalisti della sinistra
Comunicato stampa del 7 luglio 2006 (non ripreso dai media)

La notizia che una nuova discarica d'emergenza in Puglia è stata localizzata in un sito archeologico di grande interesse rappresenta un fatto politico oltre che una storia di ordinaria arretratezza del nostro Mezzogiorno.

Non intendiamo speculare sull'ennesimo scandalo e sui suoi risvolti, anche penali, ma vorremmo che l'episodio non fosse ignorato e costituisse invece l'occasione per riconoscere un fatto: la demonizzazione dell'incenerimento con recupero di energia perseguita dagli ambientalisti, dai verdi e dai partiti di sinistra ha come risultato quello di favorire l'apertura di nuove discariche o l'invio all'estero dei rifiuti; vale a dire, le peggiori soluzioni che una classe politica che si dichiara eticamente e ambientalmente sensibile possa augurarsi.

Sono passati dodici anni dalla prima volta che gli Amici della Terra hanno apertamente sostenuto la tesi che i veti agli inceneritori non aiutano l'ambiente ma peggiorano le condizioni dell'emergenza e ritardano gli obiettivi di sostenibilità del settore dei rifiuti. L'esperienza, la cronaca quotidiana, le statistiche di tutta Europa ci danno inequivocabilmente ragione.

Non si tratta di costruire inceneritori ovunque, ma di dotare il Mezzogiorno degli impianti necessari per evitare nuove discariche, consentendo che una gestione integrata, così come avviene nel nord del nostro paese, riequilibri il sistema, aiuti a superare il regime di commissariamento straordinario ed eviti nuove emergenze.

Caro Ministro, caro Governatore, cari amici ambientalisti del centro sinistra, tutto ciò può essere fatto a partire da parole chiare che, ora che siete al governo o in posizioni di grande influenza sugli esecutivi, avete la possibilità di dire dissipando le troppe ambiguità che hanno caratterizzato la politica ambientalista di questi anni e condizionato le posizioni dei partiti.
Rosa Filippini -
Presidente degli Amici della Terra

 

Rifiuti campani in Romania: una "questione morale"
Comunicato Stampa del 28 maggio 2007 (non ripreso dai media)

Con la proposta di inviare i rifiuti in Romania, che alcuni esponenti della maggioranza promuovono e che il Ministero dell’ambiente sta perseguendo, l'emergenza campana, oltre che questione politica assume i contorni di “questione morale”.
Già inviare i rifiuti in Germania ha costituito, a parere mio e dell’Associazione che dirigo, una vergogna nazionale di cui è responsabile l’intera classe politica e i governi di destra e di sinistra. Ma almeno la Germania è un paese ricco e attrezzato, capace di farsi pagare, di accettare o di rifiutare.
Ora, con la Romania, tocchiamo il fondo. Che Europa andiamo mai a costruire dove i Paesi più ricchi scaricano i loro servizi più sporchi sui Paesi più poveri ? Che politica ambientale è mai questa, che aggiunge ai danni provocati dai rifiuti, in patria e fuori, anche i costi diretti e quelli ambientali e sociali del trasporto a lunga distanza?
Se i cittadini campani e le forze politiche come Rifondazione e i Verdi si ribellano ad ogni soluzione, anche di emergenza, perché temono danni alla salute, perché la salute dei Romeni non suscita in loro, e nel Governo, alcun interesse?
Conto che il Presidente della Repubblica, unico politico campano ad assumere posizioni razionali in questi giorni, voglia ancora intervenire per scongiurare una esportazione di “made in Italy” che non ci fa onore.
Rosa Filippini Presidente degli Amici della Terra/Italia

 

Ed inoltre, nel 1995

Relazione di Rosa Filippini al Convegno “Incenerimento: un tabù da cancellare” organizzato dagli Amici della Terra