Siamo riusciti a sperperare la discarica più grande d’Europa

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RIFIUTI A ROMA

di Rosa Filippini

Era già chiaro 10 anni fa che una città di tre milioni di abitanti non poteva fare a meno di un inceneritore. Da allora ci sono stati tre sindaci e un’unica politica dei rifiuti: il rinvio.

Villa Adriana è salva, ma la reputazione di Roma (e dell'Italia) nella gestione dei rifiuti è sempre a rischio. Da un lato ripartono i cori dei contrari a uno o all'altro sito di discarica e, dall’altro, riprende piede l’illusione ingannevole che una città di tre milioni di abitanti possa fare del tutto a meno di impianti di smaltimento finale. Gli appelli alla “raccolta differenziata spinta” rafforzano questa illusione più o meno consapevolmente. 

Da oltre 10 anni la vicenda dei rifiuti a Roma non esce da questo schema. Ogni volta, alla vigilia della scadenza fissata per la chiusura di Malagrotta, scoppia il dramma della scelta di una nuova discarica; e ogni volta si risolve con una proroga. Almeno finora. Ma questa storia non può durare perché la discarica è uno spazio fisico e non un’opinione. Dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che se dieci anni fa fosse stato costruito un inceneritore, quello spazio non sarebbe stato sperperato e non sarebbe ancora esaurito.

Come Amici della Terra avevamo chiesto che si affrontasse per tempo il problema. Nel corso degli anni, con le diverse Giunte, ci siamo messi a disposizione per affrontare i veti ideologici e sfidare i luoghi comuni presso il pubblico.  Abbiamo documentato che disporre di un inceneritore non avrebbe ostacolato le raccolte differenziate e il riciclo dei rifiuti e che, anzi, avrebbe consentito di potenziarli, come è accaduto ovunque nelle città del Nord Italia e in quelle del Nord Europa.  Che il suo uso modulato avrebbe permesso l'evoluzione dei trattamenti dei rifiuti in modo economicamente e ambientalmente sostenibile preservando lo spazio residuo in discarica. 

Si è preferito evitare il confronto e nascondere il problema che, col tempo, è diventato sempre più grande: la discarica ha esaurito lo spazio e gli inceneritori sono ancora tabù. Così, ora, chi avversa gli impianti lo fa apertamente e chi li realizza o vorrebbe realizzarli, dissimula i propri atti per paura di perdere voti.  La vittoria di De Magistris a Napoli e quella di Pizzarotti a Parma sembrano avallare questo timore e spingono verso posizioni demagogiche e irresponsabili.  Ma noi non siamo affatto convinti che questa deriva sia ineluttabile. E’ ovvio che l'elettorato sostenga chi dichiara apertamente le proprie scelte e non chi le tace o addirittura le nasconde. Come può l'opinione pubblica farsi un'idea se le questioni di merito sono bandite dall'informazione e dal dibattito politico?

A proposito della nuova discarica di Roma, che a questo punto bisogna trovare per forza, proviamo a elencare alcuni fatti che, nonostante la grande attenzione della stampa, non appaiono chiari. Innanzitutto, non è vero che non esistano alternative praticabili, almeno dal punto di vista ambientale e paesaggistico-culturale. Le alternative esistono invece, sia per una discarica provvisoria che per una definitiva, ma sono quasi tutte di proprietà di Manlio Cerroni, il patron della discarica di Malagrotta.  Il Commissario di Governo non intendeva considerarle al fine di superare un monopolio dei rifiuti ritenuto poco consono alla status della Capitale. Inoltre, i siti sono vicini all'attuale discarica e la governatrice della regione Polverini, il presidente della Provincia Zingaretti (PD) e il Sindaco Alemanno, ciascuno nella propria campagna elettorale, hanno solennemente promesso agli abitanti delle zone vicine a Malagrotta che un nuovo impegno sui rifiuti non toccherà a loro. Osserviamo che la promessa fu sciagurata per due motivi: il primo è che d'ora in poi tutti i quartieri, i comuni, le popolazioni d'Italia sottoporranno i candidati a simili giuramenti solenni rendendo impossibile la localizzazione di alcunchè. Il secondo è che la discarica di Malagrotta (lo ha raccontato Francesco Mauro nel Numero 3 dell'”Astrolabio”) era funzionante prima degli insediamenti abitativi delle zone limitrofe. Certo, queste popolazioni hanno diritto all'aria pulita e al miglioramento continuo della gestione della discarica. Ma liberarsi di una servitù preesistente alla propria abitazione non può essere considerato un diritto.

Quanto al monopolio: l'amministrazione pubblica locale e nazionale (il Lazio è stato a lungo commissariato sui rifiuti) non ha gestito i rifiuti in modo efficiente nè in regime di libero mercato.  Nonostante ciò Cerroni ha mantenuto i prezzi del conferimento in discarica più bassi della media nazionale. Ha fatto male? Può darsi. Ma i Governi, i Sindaci, i cittadini romani, hanno usufruito di questi sconti e ora è difficile concludere che se manca la concorrenza la colpa sia di Cerroni.